Ancora più leggendaria e mitologica la storia della sirena Partenope che
incantata dalla bellezza del golfo, disteso tra Posillipo ed il
Vesuvio, avesse fissato lì la sua dimora. Ogni primavera la bella sirena
emergeva dalle acque per salutare le genti felici che popolavano il
golfo, allietandole con canti d'amore e di gioia.
Una volta la sua
voce fu così melodiosa e soave che tutti gli abitanti ne rimasero
affascinati e rapiti: accorsero verso il mare commossi dalla dolcezza
del canto e delle parole d'amore che la sirena aveva loro dedicato. Per
ringraziarla di un così grande diletto, decisero di offrirle quanto di
più prezioso avessero.
Sette fra le più belle fanciulle dei villaggi
furono incaricate di consegnare i doni alla bella Partenope: la farina,
forza e ricchezza della campagna; la ricotta, omaggio di pastori e
pecorelle; le uova, simbolo della vita che sempre si rinnova; il grano
tenero, bollito nel latte, a prova dei due regni della natura; l'acqua
di fiori d'arancio, perché anche i profumi della terra solevano rendere
omaggio; le spezie, in rappresentanza dei popoli più lontani del mondo;
infine lo zucchero, per esprimere l'ineffabile dolcezza profusa dal
canto di Partenope in cielo, in terra, ed in tutto l'universo.
La
sirena, felice per tanti doni, si inabissò per fare ritorno alla sua
dimora cristallina e depose le offerte preziose ai piedi degli dei.
Questi, inebriati anche essi dal soavissimo canto, riunirono e
mescolarono con arti divine tutti gli ingredienti, trasformandoli nella
prima Pastiera che superava in dolcezza il canto della stessa sirena.
STORIA DELLA PASTIERA NAPOLETANA
Si
racconta che Maria Teresa D'Austria, consorte del re Ferdinando II° di
Borbone, soprannominata dai soldati "la Regina che non sorride mai",
cedendo alle insistenze del marito buontempone, famoso per la sua
ghiottoneria, accondiscese ad assaggiare una fetta di Pastiera e non
poté far a meno di sorridere, compiaciuta alla bonaria canzonatura del
Re che sottolineava la sua evidente soddisfazione, nel gustare la
specialità napoletana. Pare che a questo punto il Re esclamasse: "Per
far sorridere mia moglie ci voleva la Pastiera, ora dovrò aspettare la
prossima Pasqua per vederla sorridere di nuovo".
STORIA DELLA PASTIERA NAPOLETANA IN RIMA
''A Napule regnava Ferdinando
Ca passava e' jurnate zompettiando;
Mentr' invece a' mugliera, 'Onna Teresa,
Steva sempe arraggiata. A' faccia appesa
O' musso luongo, nun redeva maje,
Comm'avess passate tanta guaje.
Nù bellu juorno Amelia, a' cammeriera
Le dicette: "Maestà, chest'è a' Pastiera.
Piace e' femmene, all'uommene e e'creature:
Uova, ricotta, grano, e acqua re ciure,
'Mpastata insieme o' zucchero e a' farina
A può purtà nnanz o'Rre: e pur' a Rigina".
Maria Teresa facett a' faccia brutta:
Mastecanno, riceva: "E' o'Paraviso!"
E le scappava pure o' pizz'a riso.
Allora o' Rre dicette: "E che marina!
Pe fa ridere a tte, ce vò a Pastiera?
Moglie mia, vien'accà, damme n'abbraccio!
Chistu dolce te piace? E mò c'o saccio
Ordino al cuoco che, a partir d'adesso,
Stà Pastiera la faccia un pò più spesso.
Nun solo a Pasca, che altrimenti è un danno;
pe te fà ridere adda passà n'at' anno!"
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